Perché Scegliere di Vivere in Camper, pur avendo un Lavoro e una Casa?

vivere La testimonianza di Roberto ci illustra perché egli abbia scelto di andare a vivere in camper, pur avendo una casa e un lavoro. Nell’articolo che segue, Roberto scrive: “Dalla finestra di casa mia vedevo sempre la stesa scena: una finestra, il muro e l'albero della casa di fronte, erano gli stessi che vedevo da circa 30 anni, ma quando mi resi conto che li avrei rivisti anche il giorno dopo, il giorno dopo ancora e anche quello dopo, mi prese una sorta di agitazione, dovevo cambiare quella situazione […]”. Credo che, come anticipazione, sia abbastanza eloquente. Non mi resta che lasciarvi alla lettura di questa splendida storia di vita, e ringraziare Roberto per averci reso partecipi.


Salve a tutti, mi chiamo Roberto. La mia decisione di vivere in camper è arrivata al termine di un percorso durato circa vent’ anni e all'inizio di un periodo durato più o meno dieci.
Dai 20 ai 30 anni ho cercato di vivere in un modo che non era il mio, ricerca del benessere economico, un lavoro remunerativo, insomma, una posizione sociale invidiabile. Facevo l’agente di commercio, un lavoro che intrapresi dopo la morte di mio padre nel 1982, lo stipendio era buono, viaggiavo molto, anche se solo in Emilia Romagna, ma c’era una cosa che mi stava stretta: al mattino non ero contento di andare a lavorare.
Feci questo lavoro per circa 4 anni ma, nonostante la sicurezza economica, io al mattino mi sentivo infelice e ben presto subentrò la depressione.
Lasciai il posto di agente di commercio e cominciai a fare l’elettricista elettromeccanico presso una azienda artigiana.

Per 10 anni, dai 30 i 40, ho cercato di capire quale potesse essere la situazione che mi facesse stare bene, in poche parole: fare ciò che mi piace e non ciò che mi conviene.
In questo periodo ho scandagliato la mia vita a ritroso negli anni, andando a cercare e analizzare situazioni ed eventi anche dell’infanzia. E’ stato un periodo in cui ho letto molti libri di psicologia e conoscenza interiore, uno su tutti mi ha aiutato molto: "La vita senza condizioni" di D. Choopra, un medico aiurvedico, da cui ho imparato a ragionare con la mia testa senza seguire degli schemi.  
Gli schemi possono andare bene a qualcuno, ma non a tutti. E io ero fra questi ultimi.
Un episodio che secondo me rende l’idea di come ho affrontato quella situazione è avvenuto un giorno in cui tornavo a casa dal lavoro. Era il 1998, in quel periodo lavoravo in una fabbrica a una decina di km da Bologna, facevo la manutenzione di macchine automatiche; una sera, mentre rientravo, mi resi conto che ero nervoso e stanco. Non riuscivo a spostare dalla mia mente pensieri negativi quando ad un tratto pensai: "Dai, stasera c’e’ il Festival di Sanremo…" e mi sentii subito meglio.
Subito dopo ho riflettuto: "Ma perché devo stare meglio solo perché so che vedrò il Festival di Sanremo? Ho così bisogno di questo programma per stare bene?"
Non mi diedi risposta ma, arrivato a casa presi il televisore, lo staccai dalla spina, ci incollai un foglio con scritto: “FUNZIONA“ e lo portai vicino al bidone del pattume.
Il giorno dopo quel televisore non era più dove lo avevo lasciato e da allora in casa mia non sono più entrati apparecchi televisivi.
Credo che da questo momento imparai ad affrontare le situazioni in modo radicale senza girarci troppo intorno. In questo periodo partecipo a concorsi in giro per l’Emilia Romagna e anche regioni limitrofe.
Di ritorno da uno di questi, nel cortile di un negozio che vendeva accessori da campeggio, vidi un furgone Iveco camperizzato, allestimento artigianale ma fruibile per due persone, col negoziante ci accordiamo sul prezzo e dopo una settimana, accompagnato dalla ragazza con cui stavo, lo andammo a ritirare.

Settembre 1999.
Sul lavoro mi creai una situazione ideale: avevo potere decisionale sulle modifiche alle macchine, godevo di una certa indipendenza all’interno della fabbrica e un buon stipendio ma dentro di me sentivo che qualcosa non girava come avrebbe dovuto.
Così, arrivò la mia decisione.
Una mattina, a casa, mentre facevo colazione prima di andare al lavoro, nella mia testa scatta una molla. Il motivo era che dalla finestra di casa mia vedevo sempre la stesa scena: una finestra, il muro e l'albero della casa di fronte, erano gli stessi che vedevo da circa 30 anni, ma quando mi resi conto che li avrei rivisti anche il giorno dopo, il giorno dopo ancora e anche quello dopo, mi prese una sorta di agitazione, dovevo cambiare quella situazione, volevo vivere in modo da non dover avere davanti sempre la stessa scena, dovevo poter cambiare orizzonte. Nello schermo della mia mente iniziai a far girare immagini che mi facessero stare bene.
L’unica che mi dava sensazioni positive fu quella di trasferire la mia vita sulle ruote di un camper.
Alla mia ragazza ne avrei parlato quando ci fossimo incontrati, ne parlai con fratelli e amici e per molti la risposta fu: “Ma come, lasci una casa tua da 100 metri quadri, due bagni e un giardino per vivere in un furgone? Tu sei matto, poi ti pentirai…”
La risposta della compagna non fu diversa: “E' una delle tue solite cazzate, fra dieci giorni torni indietro…”
Risposi: “Se torno indietro la casa è sempre lì, però devo provare…”

Dal giorno dopo cominciai a buttare via e regalare tutto ciò che non mi sarebbe servito per vivere in un ambiente cosi’ piccolo e ogni giorno che passava stavo sempre meglio.
Per decidere se staccarmi da una cosa mi ponevo una domanda: “Quante volte l’hai usata negli ultimi 10 anni?” Alla fine mi ritrovai con: 4 paia di pantaloni, 4 felpe, un po di abbigliamento intimo, una giacca a vento e gli attrezzi che mi sarebbero serviti per la manutenzione del camper.
Dopo un anno, anche se la mia situazione al lavoro posso dire che era invidiabile, mi licenziai, e per la prima volta nella mia vita lo feci senza la prospettiva di un altro lavoro.
Non so perché ma avevo voglia di coricarmi alla sera senza sapere cosa avrei fatto e dove sarei stato l’indomani.
Avevo un po di soldi da parte e cominciai a girare l’Italia, la mia compagna non capiva questa mia esigenza e per me era un bisogno troppo forte per nasconderlo, soprattutto a me stesso. Fu così che, dopo una furibonda litigata, ci lasciammo.

Febbraio 2001.
Sono a Bologna, lavoro all’aeroporto tramite una agenzia interinale a cui mi ero iscritto quando mi licenziai. L’idea era di lavorare tramite agenzie interinali che trovavo nei posti dove andavo, infatti mi iscrissi anche a Lucca, Savona, Pescara.. ma il fatto di vivere in camper non dava garanzie di stabilità (se è per questo anche un lavoro a termine non da molte garanzie di stabilità). Mi telefona mio fratello per dirmi che è arrivato un telegramma: ero assunto all’Azienda Usl di Reggio Emilia tramite il concorso che feci nel 1998.
Comincio il primo marzo 2001 come autista di ambulanza al 118 continuando a vivere nel camper, sistemando per bene l’impianto di riscaldamento in quanto l’inverno da quelle parti non è una passeggiata, ma imparo anche che si può stare col riscaldamento a qualche grado in meno e indossare un maglione in più.

Gennaio 2008.
La mia casa a Bologna è stata venduta.
La famosa prova di vita in camper è durata quasi 10 anni, durante i quali non ho mai sentito la necessità di tornare alle comodità di una casa.
Ho imparato che si può vivere anche senza armadi pieni di roba da vestire che facciano invidia a un outlet, che più si ha spazio a disposizione e più lo si riempie di cose inutili.
In seguito, ho comprato una casa isolata ai margini di un bosco, dove ho trasferito la filosofia del vivere in camper, ovvero “circondarsi solo di ciò che serve”.
Ho imparato a usare l’acqua con parsimonia (come se fossi in camper), il riscaldamento è a legna, la cucina e’ ad alcool, il gasolio lo uso per lavarmi, non ho lavatrice, uso le lavanderie a gettone, un piccolo frigo, ovviamente niente televisione ma tanti libri. Insomma, la casa è come me: spartana ed essenziale.
L’uomo per sua natura è nomade, diventa stanziale nel momento in cui si circonda di beni da cui non si può ( o non si vuole ) staccare.
Durante le mie soste non ho mai usato campeggi, sempre sosta libera e non ho mai avuto nessun tipo di problema, a Savona come a Reggio Calabria, a Pescara come a Ragusa, forse mi è sempre andata bene o forse dipende anche da come ci si pone di fronte agli altri: se ci si presenta ostentando gioielli, capi firmati ecc… è chiaro che si viene presi di mira.
Attualmente, anche a causa del lavoro, sto cercando di trasferirmi in Liguria, per cui ho messo in vendita la casa.
La possibilità di tornare a vivere in camper è un’ipotesi.
Ovviamente qualcuno potra’ dire: “…tu non hai famiglia per cui puoi fare ciò che vuoi…”
E’ vero, ho scelto di non avere una famiglia, ma penso che se si trova una compagna o un compagno con cui condividere una cera filosofia di vita, pur senza raggiungere l’estremismo di vivere in camper, anche i figli impareranno, crescendo, che si può vivere bene con poco, e stringeranno legami con altri bambini simili a loro. Al contrario, se incontreranno figli di famiglie dedite al consumismo, si sentiranno diversi, e qui entra in gioco il ruolo del genitore che deve insegnare al proprio figlio a saper scegliere: questo credo sia il vero significato della parola “libertà”.

In queste poche righe ho sintetizzato circa 40 anni della mia vita, anni in cui ho fatto scelte giuste e sbagliate, conosciuto persone importanti e altre che è meglio lasciar perdere, la depressione e la prigione…
Non voglio insegnare niente a nessuno, ognuno è libero di trarre le conclusioni che vuole ma penso che cercare di conoscere a fondo se stessi sia una bella gara, piena di delusioni ma anche di soddisfazioni.
Posso affermare che la mia è stata una scelta, benché vivessi una situazione tranquilla, forse troppo.
La differenza fra scelta o necessità si ha, ad esempio, quando si decide di vivere in camper perché non si hanno soldi per l’affitto o il mutuo, per pagare le bollette o le rate della macchina, se crolla la casa per un terremoto...allora, ciò che si vive diventa una costrizione e come tutte le costrizioni si fa fatica ad accettarle.
Sono a disposizione per chiunque abbia tempo e voglia di fare quattro chiacchiere.
Zappaterra Roberto
E-mail : zap 61@libero.it

Nota dell'autore del blog: 
Aggiungo all'ottimo articolo di Roberto che in alcuni casi perfino  le scelte “obbligate” come quelle di vivere in camper in seguito a una necessità (come è stato nel mio caso) possono riservare sorprese positive, e rivelare un nuovo piacere del vivere che si ignorava quando “tutto andava bene”. 

Commenti

Unknown ha detto…
Già scritta una mail al Roberto. Leggere è stato di ispirazione.
Chissà... forse ci riuscirò anch'io...
Anonimo ha detto…
Bellissima! Sogno da anni di farlo anche io...ma non ho abbastanza soldi per comprare un camper purtroppo...resto all' antica maniera di macchina quando fa freddo e gl'immancabili tenda e sacco a pelo. Quando rimedio qualche soldo faccio benzina e mi sposto, per quanto fa freddo preferisco zone montagnifere :-)
Luigi ha detto…
Ciao Roberto, complimenti per le tue scelte e per avere trovato il coraggio di mettere in discussione una vita agiata e standarizzata come tanti, per cercare di trovare in questo mondo di compromessi le risposte che mancavano alla tua serenità, ogni giorno siamo condizionati da scelte e cose che ci legano ad una vita copia e incolla, ma illudersi e accontentarsi equivale a morire, perchè vivere non è vegetare, ma cercare ogni giorno stimoli nuovi per crescere e realizzarci. Anch'io la penso come te, e come te mi sono liberato di ciò che in quarant'anni di duro lavoro mi ero costruito, anche se a differenza di te ne sono stato in parte costretto, ma dopo un inizio difficile e burrascoso, oggi mi sento una persona veramente libera e serena.
Ti giro un mio link dove cerco di esprimere ciò che penso, chissà, magari ci trovi anche qualche cosa da condividere: www.attentoallupo.altervista.org

Ti scriverò presto, in bocca al lupo!!
Luigi

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